TRIBUNALE DI TORRE ANNUNZIATA III SEZIONE CIVILE – FALLIMENTARE – N. 600/2022 – Giudice Dott. Valentina Vitulano
GRANDE RISULTATO OTTENUTO dell’Avv. Monica Mandico – Advisor del piano, Consulente Legale partner accreditato al Centro Diritto Bancario
Con la pronuncia in commento il tribunale di TRIBUNALE DI TORRE ANNUNZIATA (decreto del TRIBUNALE DI TORRE ANNUNZIATA), ha omologato un piano del consumatore predisposto dall’avv Monica Mandico, dopo aver ammesso la qualifica di “consumatore” al soggetto proponente (ai sensi e per gli effetti dell’art. 6, comma II, lett. b) della legge 3/2012) pur essendo fideiussore nei confronti di società per azione amministrata dal coniuge nella quale era socia con partecipazione della al capitale della società nella misura pari al 30%; più specificamente il giudice, a seguito delle contestazioni sollevate dai creditori in sede di memorie, le quali vertevano sia sull’insussistenza dei requisiti soggettivi necessari per poter accedere alla procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento sia sulla non fattibilità e/o meritevolezza del piano stesso alla luce delle numerose esposizioni debitorie dei medesimi, ha deciso per l’omologazione del piano del consumatore, sulla base dei seguenti principi:
– Reputa il giudicante che, contrariamente ai rilievi mossi, la ricorrente sia qualificabile quale consumatore. Secondo il più recente orientamento della giurisprudenza comunitaria e di legittimità, “i requisiti soggettivi di applicabilità della disciplina legislativa consumeristica in relazione ad un contratto di fideiussione stipulato da un socio in favore della società devono essere valutati con riferimento alle parti dello stesso (e non già del distinto contratto principale), dando rilievo – alla stregua della giurisprudenza comunitaria(CGUE, sentenza 19 novembre 2005, in causa C-74/15 Tarcau) – all’entità della partecipazione al capitale sociale nonché all’eventuale qualità di amministratore della società garantita assunto dal fideiussore” (Cass., Sez. III, 13/12/2018, n. 32225).
Il collegamento qualificato tra fideiussore e società (sotto forma di una non trascurabile partecipazione al capitale sociale o ad incarica amministrativi ricoperti) assurge a criterio dirimente ai fini della disciplina applicabile, (in analoga fattispecie la Suprema Corte di Cassazione n. 1666/2020 ha ravvisato la qualità di consumatore in capo al fideiussore in ragione della sua qualità di professoressa di lettere collocata a riposo e in assenza di prova circa la sua partecipazione all’attività d’impresa del garantito.
Nel caso in esame, assumendo come fatto notorio quello secondo cui le dinamiche familiari si prestano a forme di solidarietà per cui il coniuge presta garanzia al fine di agevolare l’attività di impresa dell’altro, non può pretermettersi la circostanza che della partecipazione della ricorrente al capitale della società, amministrata dal coniuge, nella misura pari al 30% com’è rilevabile dalla visura camerale e dalla documentazione allegata alla relazione particolareggiata.
Tale partecipazione minoritaria al capitale sociale non vale ad escludere che la stessa abbia rilasciato le fideiussioni e contratto debiti per scopi estranei alla attività di impresa non risultando dagli atti che la stessa abbia ricoperto cariche amministrative nella società xxSpa. Ad escludere un qualsivoglia coinvolgimento nell’attività di impresa è dirimente la circostanza che risulta documentalmente che la ricorrente ha effettivamente svolto altra attività lavorativa – quella di insegnante, oggi in pensione , per cui ben può riconoscersi in capo alla stessa la qualifica di consumatore.
-Per quanto attiene l’ulteriore requisito di ammissibilità posto dall’art. 7 comma 2 la lettera d-ter) L. 3/2012 al piano del consumatore, ossia che il debitore non abbia determinato la situazione di sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode, nel caso in esame è da escludersi la malafede o la frode e, dalle emergenze in atti, altresì la colpa grave nell’indebitamento.
Come risulta dalla relazione dell’OCC, l’esposizione debitoria indicata nel piano e, dunque, la situazione di sovraindebitamento della ricorrente è stata causata da una serie concomitante di eventi, ossia: – varie fideiussioni, rilasciate su richiesta degli istituti di credito, per garantire finanziamenti concessi alla società di famiglia in un momento di difficoltà finanziaria ritenuta temporanea e reversibile; – dalla successiva crisi economico- finanziaria che ha colpito la società, causata, anche dalle precarie condizioni di salute dell’amministratore, marito della istante, progressivamente aggravatisi negli anni che hanno poi portato al fallimento della società; – dalla morte, del marito della ricorrente il che ha esposto la stessa ad affrontare, da sola e senza l’ausilio economico del coniuge, -il cumulo della richieste di rientro formulate all’istante quale fideiussore da tutte le banche a seguito del fallimento della società,; – le prevedibili spese familiari.
Reputa il giudicante che non può ritenersi che la ricorrente abbia assunto gli obblighi in misura sproporzionata alle proprie capacità patrimoniali come innanzi esposte e/o senza la ragionevole prospettiva di poterle adempiere poiché all’atto del rilascio delle fideiussioni – (per circa come evidenziato dalla era proprietaria di immobili in sua proprietà, ossia quello in quest’ultimo locato e, dunque, fonte di reddito e percepiva una retribuzione come insegnante, inoltre poteva contare sul supporto economico del marito, poi deceduto, e del fratello anch’egli deceduto nel 2010.