La cartolarizzazione del credito rappresenta l’operazione tramite cui la banca gestisce ed impiega i crediti deteriorati.
L’istituto della cartolarizzazione del credito è una complicata operazione bancaria e finanziaria, nata negli USA, negli anni ’70 e contraddistinta con il termine “securitisation” , sulla scorta delle strategie economico-finanziarie sviluppate da John Palmstruch, considerato il precursore dell’attuale sistema di banche centrali e commerciali. Data la complessità dell’istituto, prima di delineare nel dettaglio le relative peculiarità, è necessario fornire due definizioni, relative una all’aspetto finanziario e l’altra a quello giuridico. Relativamente all’aspetto finanziario, possiamo rappresentare la cartolarizzazione del credito come il processo attraverso il quale una o più attività finanziarie indivise ed illiquide vengono trasformate in attività divise e vendibili, ossia in titoli obbligazionari, denominati Asset Backed Securitities (ABS).
In relazione al profilo giuridico, la cartolarizzazione appartiene al più ampio novero delle operazioni di cessione del credito e ad essa si applicano la disciplina di cui agli artt. 1260 e successivi del Codice Civile e la normativa speciale di cui alla L. 130/1999 e al Reg. 2017/2402.
Essendo delle operazioni di cessione di credito, “Il creditore può trasferire a titolo oneroso o gratuito il suo credito, anche senza il consenso del debitore, purché il credito non abbia carattere strettamente personale o il trasferimento non sia vietato dalla legge. Le parti possono escludere la cedibilità del credito, ma il patto non è opponibile al cessionario, se non si prova che egli lo conosceva al tempo della cessione”.
Secondo il Codice Civile potremmo rappresentare la cartolarizzazione del credito come una struttura bipartita (cedente-cessionario), ma la complessità di tale istituto si rivela già dal punto di vista organizzativo, coinvolgendo un terzo soggetto. Le operazioni di cartolarizzazione del credito sono così realizzate: il soggetto cedente (originator) cede il credito ad una specifica società cessionaria (special purpose vehicle, o S.P.V.), la quale provvede ad emettere sul mercato titoli obbligazionari che incorporano i crediti ceduti dalla prima e, servendosi di un terzo soggetto (servicer), autorizzato ai sensi dell’art. 115 T.U.L.P.S. a recuperare, anche in via giudiziale, il credito cartolarizzato.
Si comprende facilmente come la cartolarizzazione sia una operazione complessa anche dal punto di vista contrattualistico, poiché composta da due contratti:
- il contratto di cessione del credito, concluso tra l’originator e la S.P.V.;
- il contratto di servicing, concluso tra la S.P.V. e il servicer.
Quest’ultimo è un contratto di mandato con rappresentanza, dove la S.P.V. è mandante e il servicer è il mandatario, il cui oggetto è la gestione, amministrazione, incasso, riscossione e recupero dei crediti ceduti. La peculiarità di queste operazioni è data dal fatto che il patrimonio delle S.P.V. derivante dalle operazioni di cartolarizzazione, in quanto destinato al rimborso del capitale e al pagamento degli interessi degli investitori, costituisce patrimonio separato da quello principale della società e, pertanto, aggredibile solo dai portatori dei titoli. In altre parole, i beni costituenti il patrimonio delle società veicolo potranno essere pignorati solo dai soggetti che abbiano acquistato i titoli da esse emessi, nel rispetto di quanto dispone la legge speciale sulla cartolarizzazione. La ragione di tale scelta non è ravvisabile nella volontà di limitare la responsabilità di tali società, bensì in quella di creare una necessaria garanzia patrimoniale per gli investitori poiché, una volta attuata questa particolare forma di cessione, il rischio di insolvenza si trasferisce dal soggetto cedente al mercato, con tutti i rischi di instabilità e di crollo finanziario annessi.
L’efficacia della cessione del credito viene sancita, a norma del combinato disposto dell’art. 58 T.U.B. e dell’art. 4 della legge speciale sulla cartolarizzazione, nel momento in cui questa diviene oggetto di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, concludendo che, in sintesi, tale pubblicazione sostituisce gli adempimenti di accettazione e notificazione di cui al Codice civile.
E’ crescente negli ultimi anni il numero di crediti deteriorati e la consequenziale diffusione della prassi di cartolarizzazione degli stessi e il combinato disposto degli artt. 7bis, 7ter e 7quater della legge speciale, introduce un importante incentivo alla cartolarizzazione di taluni tipi di credito, considerati particolarmente nobili (a titolo esemplificativo credito fondiario e ipotecario), prevedendo la possibilità di concessione di un finanziamento da parte della banca a favore della S.P.V., finalizzato all’acquisto dei crediti predetti ed il cui rimborso è subordinato alla riscossione degli stessi.
Nel momento in cui ci sia un elevato numero di crediti che vengono trasmessi da un soggetto ad un altro tutto cambia. Questo accade specialmente nel settore bancario, nel quale il numero elevatissimo di posizioni rende più complicata l’operatività prevista dal codice civile. È per questa ragione che in questo ambito si segue una logica diversa che consente il trasferimento di tutte le posizioni da un soggetto (banca cedente) ad un altro (società cessionaria). In questi casi la normativa di riferimento è quella contenuta nell’articolo 58, commi 2, 3 e 4 del Testo Unico Bancario. È evidente che nell’ambito bancario dare comunicazione dell’avvenuta cessione a ciascun debitore si potrebbe porre come un problema per le banche dal punto di vista degli adempimenti da effettuare. Per questa ragione si è ritenuto di agevolare tali operazioni, stabilendo, quale presupposto di efficacia della stessa cessione nei riguardi dei debitori ceduti, la pubblicazione di un avviso nella Gazzetta Ufficiale.
La ragione è semplice ed intuitiva: in tal modo si evita la notifica a ciascun singolo debitore prevista ai sensi dell’art. 1264 c.c. e la procedura diventa più snella, oltre al fatto che non sono previsti particolari requisiti formali. Da questo momento in poi, quindi, il soggetto legittimato a richiedere il pagamento del credito sarà il cessionario, ossia una figura diversa rispetto all’originario creditore. Per tentare di limitare la pressione dei crediti deteriorati (quelli non pagati dai clienti), le banche possono cedere i loro crediti a un terzo con il fine di ottenere un vantaggio sia in termini di celerità e sicurezza, oltre al vantaggio in termini fiscale e di bilancio (a fronte di somme difficilmente recuperabili che costituirebbero una probabile perdita, si ottiene un’entrata che rappresenta un evidente guadagno per la banca).
Si tratta, quindi, di verificare cosa accade al debitore dopo la cessione del credito da parte della banca ad altro soggetto. La prima cosa da evidenziare è che normalmente la cessione viene fatta ad un prezzo inferiore rispetto all’effettivo valore del credito. Il cessionario, dunque, per monetizzare quello che di fatto è un investimento, potrebbe essere disponibile a raggiungere un accordo ad una cifra più bassa rispetto al debito originario. Potrebbe essere, pertanto, più semplice addivenire ad un accorto con una transazione. Il che rappresenta un evidente vantaggio per il debitore ceduto. Tutti i rapporti saranno, perciò, solo e soltanto tra terzo cessionario e il debitore ceduto, ivi compresi quelli che hanno ad oggetto contenziosi in Tribunale relativamente a contestazioni sulla pretesa creditoria. In conseguenza di quanto detto, il debitore ceduto potrà subire dal nuovo creditore tutti gli atti esecutivi (precetti, pignoramenti ecc.) che avrebbe potuto compiere il creditore originario, dal momento che la cessione produce l’effetto di trasferire i “privilegi, le garanzie e le trascrizioni” nei pubblici registri, senza alcun bisogno di “formalità o annotazione”.
Il debitore ceduto potrà opporre al cessionario tutte le eccezioni anteriori alla pubblicazione della cessione in Gazzetta Ufficiale. Nello specifico, il debitore potrà “contestare” al nuovo creditore la violazione dei propri diritti anche se riferita a fatti posti in essere prima della cessione e riconducibili al creditore originario, come per esempio la validità del titolo costitutivo del credito, come l’azione di nullità (es. la presenza di clausole contrattuali nulle e, quindi, illegittime, che abbiano comportato somme addebitate ingiustamente da parte del creditore originario) o di annullamento (es. la conclusione di un contratto bancario frutto di inganno da parte del creditore originario).
Eventuali fatti modificativi ed estintivi del rapporto che si verificano successivamente alla costituzione del diritto, come l’azione di pagamento (es. il debitore ha già pagato in tutto o in parte al creditor originario), compensazione (es. il debitore ha maturato nei confronti del creditore originario un controcredito di pari o diverso ammontare che derivi dallo stesso rapporto bancario), prescrizione , novazione , accollo ecc.
Sempre più frequentemente molti titolari di mutui incappano in situazioni del genere, specialmente quando la banca originaria, per via di fusioni, scissioni, accorpamenti, cessioni di crediti, scompare lasciando imprese e privati senza un interlocutore con cui confrontarsi. Spesso capita di vedersi recapitare una lettera precompilata su uno stampato standard, con il quale una società del tutto sconosciuta comunica di essere la nuova titolare del credito relativo al finanziamento e ne chiede l’immediato e totale pagamento in caso di rate scadute, oppure l’applicazione di nuove regole circa i termini di pagamento senza alcuna tolleranza in caso di ritardo. La procedura prevista dal Testo Unico Bancario, infatti, non fa altro che agevolare le procedure di recupero del credito da parte delle società cessionarie che acquistano crediti da parte delle banche.
Il contratto di cessione conferisce alla società che subentra (cessionaria) il diritto di richiedere le somme oggetto di inadempimento, ossia di mancato pagamento alle scadenze pattuite. È vero che la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dovrebbe essere utile a fugare ogni dubbio, ma se nel blocco dei crediti ceduti non fosse presente quello per il quale il pagamento viene richiesto?
È fondamentale accertarsi della propria posizione. La pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dovrebbe fugare ogni dubbio, ma il condizionale è d’obbligo poiché per essere certi di detta cessione c’è la necessita che il proprio nominativo compaia in Gazzetta oppure, diversamente, quest’ultima contenga dei riferimenti che inequivocabilmente siano idonei a ricondurre il credito oggetto della cessione nell’ambito del blocco ceduto. Si deve avere, quindi, contezza che la propria posizione faccia parte del blocco ceduto. In sostanza dovranno emergere dei caratteri in base ai quali ci sia la certezza che il credito ceduto faccia parte del blocco. In caso di contestazione in sede giudiziale, sarà onere della società cessionaria dimostrare la propria legittimazione. Infatti il credito deve essere:
- CERTO: il creditore deve avere degli elementi che dimostrano l’esistenza del credito e il suo diritto a ricevere la somma dovuta.
- LIQUIDO: il credito deve essere determinato nel suo ammontare. Non occorre che l’importo venga indicato nella sua quantità, ma questa dovrà essere desumibile in base agli elementi indicati dal titolo, tramite una semplice operazione aritmetica.
- ESIGIBILE: il credito non deve essere sottoposto a vincoli e condizioni o, se è sottoposto a un termine, dovrà prima essere scaduto.
Ed è qui che in moltissimi casi si innescano dei contenziosi che portano spesso la società cessionaria a non essere in grado di provare la TITOLARITA’ DEL CREDITO. Con riferimento alla prova della titolarità del credito, un contratto di cessione di crediti non può provarsi in forma testimoniale né, parimenti, tramite presunzioni, la sola prova idonea resta data dal documento contrattuale.
Il contenuto della Gazzetta Ufficiale non deve, quindi, fare riferimento alle posizioni cedute limitandosi, solamente a elencare una serie numeri e posizioni senza alcuna indicazione circostanziata di nominativi con i contratti agli stessi riconducibili. È necessario, invece, indicare con sufficiente chiarezza quali siano i crediti inclusi/esclusi dall’ambito della cessione, senza rimandare a criteri, condizioni ed elenchi per i quali difetta qualunque elemento di prova.
Tale principio, più volte ribadito in giurisprudenza, è stato fatto proprio anche dalla Corte di Cassazione secondo la quale “la mera indicazione dei dati della cessione in blocco, come riportati nella G.U., NON CONSENTE DI VERIFICARE SE IL CREDITO PER CUI E’ CAUSA SIA NELLA STESSA CESSIONE”.