Il fenomeno corruttivo ha uno scenario di riferimento molto ampio e si presenta in molteplici forme.
Se sul fronte della rilevanza penale si assiste ad una progressiva affermazione di alcuni elementi qualificanti la “corruzione” come crimine, molto più ampio è il terreno dei temi che ruotano intorno alla corruzione intesa come fenomeno culturale e sociale.
Piercamillo Davigo è un ex magistrato, Presidente della II Sezione Penale presso la Corte Suprema di Cassazione ed ex membro togato del Consiglio Superiore della Magistratura argomenta bene e in maniera chiara nel video che segue il fenomeno del “colletti bianchi” e le difficoltà nella repressione dei reati commessi.
Edwin Sutherland che è stato un criminologo statunitense, famoso per aver studiato e descritto in maniera dettagliata i crimini dei colletti bianchi, ovvero quella categoria di illeciti commessi dalle grandi imprese commerciali e dai soggetti appartenenti agli strati più alti della società definisce crimine dei colletti bianchi quello “commesso da una persona rispettabile e di alto stato sociale, nel corso della propria occupazione”. Tra i crimini più importanti, il falso in bilancio, la manipolazione del mercato azionario, la corruzione di pubblici ufficiali (diretta o indiretta), le false comunicazioni sociali, l’appropriazione indebita di fondi, la distrazione di fondi in amministrazione controllata e fallimentare.
A questo punto occorre evidenziare che questi delitti sono difficili da scoprire, per la non presenza di vittime e nel caso di corruzione, entrambe le parti possono considerarsi dalla parte del guadagno derivato dall’accordo, entrambe cioè sono passibili di condanna e, perciò, è probabile che nessuno sporga denuncia. Sul punto, il criminologo statunitense evidenzia come molti crimini di questo tipo “anche se scoperti, non vengono trasmessi in tribunale, e sfuggono perciò all’opinione pubblica”.
Quella dei colletti bianchi, pertanto, è una categoria criminale sottostimata anche in sede giudiziaria e questo per quattro fondamentali cause secondo Sutherland:
- I magistrati sono portati a considerare questo tipo di criminalità scarsamente verosimile;
- La criminalità dei colletti bianchi non è ritenuta pericolosa pubblicamente;
- Le vittime degli atti criminali in ambienti altolocati non sono considerate seriamente danneggiate come le vittime di delitti di altro tipo;
- I mezzi di informazione tendono a presentare i delitti provenienti dai ceti ricchi con argomenti giustificativi.
Sutherland, inizia quindi uno studio che non verrà più abbandonato, anzi gli studi degli anni a venire perfezioneranno il modello dei colletti bianchi, adeguandolo a prassi specifiche e ai mutamenti economici, sociali e tecnologici. Da questo momento l’indagine non sarà più diretta ai singoli colletti bianchi, bensì ad una condotta criminale complessa e strutturata, incardinata all’organizzazione economica dell’impresa.
La convinzione è che alcune intenzioni ed azioni debbano essere perseguite e messe in pratica da tutti, nessuno escluso, per poter raggiungere una tutela delle parti equa e trasparente e giusta. Mi piace ricordare la massima che mi è rimasta impressa del Filosofo Triestino Gaetano Kanizsa considerato uno dei maggiori esponenti della ricerca percettologica italiana, studioso dei processi cognitivi e percettivi: