L’estratto conto non è indispensabile per provare gli interessi illegittimi se i movimenti del conto possono essere ricostruiti con documenti diversi.
Un contenzioso tra i correntisti e le banche riguarda la misura degli interessi passivi applicati sul conto corrente. Sebbene una legge del 2014 abbia disposto il divieto di anatocismo bancario, sorgono ancora controversie tra i clienti e gli istituti di credito sulla produzione di interessi sugli interessi, che è illegale. Così chi è vittima di questo fenomeno può agire contro la banca per ottenere la restituzione delle somme indebitamente prelevate. Occorre, però, dimostrare per filo e per segno l’accaduto e svolgere i calcoli basati sull’andamento del conto.
L’art. 2697 del Codice civile sancisce il fondamentale principio secondo cui chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. Chi sostiene di aver subìto anatocismo bancario deve fornire la prova di ciò che afferma. Quindi, il correntista dovrà evidenziare tutte le circostanze utili a dimostrare che la banca ha conteggiato e prelevato interessi in modo illegittimo.
Il dato di partenza dovrebbe essere costituito dagli estratti conto, che documentano tutti i movimenti del rapporto di conto corrente nel corso del tempo e, dunque, anche la misura degli interessi passivi applicati dalla banca, con le date di maturazione e dei successivi prelievi. Tuttavia, a volte, per il correntista è difficoltoso reperire gli estratti conto più vecchi, anche perché la banca è tenuta per legge a produrre gli estratti conto solo degli gli ultimi 10 anni. In tali casi, vi sono dei “buchi” che occorre colmare, perché l’accertamento deve essere rigoroso e completo: il rapporto di conto corrente, nel suo andamento progressivo, va ricostruito per l’intero periodo oggetto di indagine. E non sempre la banca collabora nel fornire i documenti necessari e le informazioni utili. Tuttavia, il risultato può essere ottenuto in diversi modi, anche prescindendo dalla mancanza di alcuni estratti conto.
L’anatocismo è la produzione di nuovi interessi sugli interessi già maturati su una somma dovuta. L’art. 1283 del Codice civile dispone che: “In mancanza di usi contrari, gli interessi scaduti possono produrre interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza, e sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi”. In materia bancaria, il riferimento normativo agli usi consentiva agli istituti di credito di capitalizzare gli interessi con cadenza trimestrale. Questo aggravava notevolmente la posizione del debitore a causa del meccanismo dell’interesse composto che faceva lievitare la somma dovuta. Dal 2014, una riforma legislativa del Testo Unico Bancario ha vietato tale comportamento e, oggi, è possibile capitalizzare solo gli interessi di mora, che vengono conteggiati al 31 dicembre di ogni anno e diventano esigibili a partire dal 1° marzo dell’anno successivo. Solo per i conti correnti affidati con un’apertura di credito (il cosiddetto fido bancario) il divieto di capitalizzazione degli interessi è derogabile se il cliente fornisce alla banca l’autorizzazione preventiva a conteggiare, in caso di sconfinamento, l’addebito in conto corrente degli interessi passivi maturati sulle somme eccedenti il fido concesso. Ciò avviene, normalmente, con la produzione in giudizio del contratto di apertura del conto, degli eventuali documenti che nel corso del tempo hanno modificato le pattuizioni contrattuali prevedendo variazioni degli interessi o del loro metodo di calcolo, e degli estratti conto periodici. È bene che questa produzione documentale sia accompagnata da una perizia di parte che evidenzia l’anatocismo verificatosi e ne quantifichi l’ammontare. A quel punto, la banca potrà contestare tali circostanze con altri documenti e risultanze probatorie in suo favore.
Il rimborso degli interessi viziati da anatocismo e prelevati dalla banca va richiesto in restituzione esercitando l’apposita azione di «ripetizione dell’indebito» prevista dall’art. 2033 del Codice civile; si tratta, infatti, di un pagamento effettuato ma non dovuto perché illegittimo. Quindi, il correntista, assistito da un avvocato, dovrà instaurare una causa civile in cui chiederà al giudice di accertare la nullità della clausola che prevede la corresponsione di interessi anatocistici e la restituzione integrale di quanto indebitamente pagato, più l’eventuale risarcimento dei danni. La causa deve essere preceduta dalla mediazione obbligatoria ed è opportuno far precedere l’azione giudiziaria da una lettera di diffida con cui si chiede alla banca la restituzione in via bonaria delle somme.
La prescrizione del diritto ad ottenere la restituzione degli interessi illegittimamente addebitati è decennale e inizia a decorrere dalla data di chiusura del conto, e non da quella in cui gli interessi sono stati prelevati.
Se il correntista intenzionato a far valere l’anatocismo non trova alcuni estratti conto pregressi, può fare una richiesta di esibizione alla banca. La legge prevede, in aggiunta al consueto obbligo di fornitura periodica dell’estratto conto, che il cliente ha diritto di ottenere, entro 90 giorni, le copie della documentazione delle operazioni poste in essere negli ultimi 10 anni.
Non è possibile, invece, in questi casi, esperire direttamente il rimedio dell’ordine di esibizione da parte del giudice, previsto dall’art. 210 del Codice di procedura civile, perché, secondo la giurisprudenza, il giudice non può sostituirsi all’onere probatorio che grava sulle parti in causa. Il cliente, però, può richiedere l’ordine di esibizione giudiziale se la banca si è rifiutata di fornire gli estratti conto richiesti.
La mancanza di alcuni estratti conto può essere sopperita da altre risultanze documentali, come il partitario contabile di una società: lo ha affermato una recentissima ordinanza della Corte di Cassazione, sottolineando che il correntista attore in ripetizione, può comprovare la domanda attraverso documenti diversi dagli estratti conto mensili, ove essi forniscano indicazioni certe e complete riguardo l’andamento del conto bancario. Questo è consentito perché, come rileva la Suprema Corte, non esiste nessuna norma che imponga di ricostruire i rapporti bancari in base ai soli estratti conto, tant’è che il giudice può ricorrere, in corso di causa, a un consulente tecnico d’ufficio per svolgere un accertamento tecnico basato anche sulle scritture contabili previste dal Codice civile. Questo orientamento giurisprudenziale favorevole ad un’ampia integrazione probatoria dell’anatocismo bancario si è ulteriormente rafforzato con le ultime pronunce della Cassazione, che hanno ribadito come «in tema di anatocismo praticato sul conto corrente deve ritenersi che l’estratto conto non costituisca l’unico mezzo di prova attraverso cui ricostruire le movimentazioni del rapporto», e perciò – spiega il Collegio – “non può escludersi che l’andamento del conto possa accertarsi avvalendosi di altri strumenti rappresentativi delle intercorse movimentazioni: il correntista non è cioè tenuto a documentare le singole rimesse suscettibili di ripetizione soltanto mediante la produzione in giudizio di tutti gli estratti conto periodici, ben potendo la prova dei movimenti del conto desumersi anche “aliunde“, attraverso le risultanze degli altri mezzi di prova offerti dalla parte o assunti d’ufficio».