IL DIRITTO ALLA SALUTE E’ DAVVERO UN DIRITTO INAFFIEVOLIBILE, INTANGIBILE?

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Spesso le errate comuni convinzioni sono il frutto di carenze conoscitive ma a volte sorgono , come nel caso di specie, dalla stessa Giurisprudenza di merito e di legittimità. A partire dalla sentenza della Cassazione Civile del 1979 n. 1436, la Giurisprudenza, in tema di diritto di salute, ha individuato una serie di diritti soggettivi assoluti, quali il diritto di coscienza , di religione, inviolabili e resistenti al potere pubblico. L’attenzione di tale orientamento giurisprudenziale si è polarizzata sul diritto alla salute. Il diritto alla salute è stato suddiviso in una parte concernente un interesse di tipo oppositivo, cioè nel diritto di libertà del cittadino di non subire menomazioni alla propria integrità fisica ed in una parte constante di un interesse pretensivo , cioè quale diritto a conseguire un miglioramento delle proprie condizioni di salute e quindi il diritto di fare in modo che le strutture sanitarie eroghino, nel modo più efficiente, le loro prestazioni per la cura dei pazienti . Si è ritenuto, quindi, che, per quanto riguarda gli interessi oppositivi , cioè il diritto di opporsi a comportamenti lesivi dell’integrità fisica, il potere amministrativo non potesse in alcun modo degradare tale diritto soggettivo, riconoscendo al solo giudice ordinario la giurisdizione. Viceversa , nel caso di interesse pretensivo , cioè del diritto alla salute e la relativa pretesa di essere curati , la Pubblica Amministrazione poteva esercitare la sua attività in modo discrezionale, contemperando e bilanciando, secondo il principio di ragionevolezza, il diritto alla salute con altri diritti costituzionalmente garantiti. Quindi vi era un “nocciolo duro” , indegradabile ed intangibile del diritto alla salute, coincidente con la difesa della propria integrità fisica da lesioni o menomazioni provenienti da terzi. Si giunse ad affermare, quindi, sovvertendo la teoria del Mortati, secondo cui ” c’è diritto soggettivo perché non c’è potere” che ” non vi è potere se c’è diritto soggettivo”.

La giurisprudenza Amministrativa successiva, Cons. di Stato, Sez. III del 2 settembre 2014 , n. 1460, Cons di Stato 21 ottobre 2020 n. 6371, cambia rotta. Non esistono più diritti fondamentali indegradabili.

La Giurisprudenza Amministrativa , riconsidera il potere pubblicistico, alla luce della nuova configurazione dell’interesse legittimo; l’interesse legittimo non è più visto come mero interesse occasionalmente protetto e strumentale alla cura di interessi pubblici ma quale vero e proprio bene sostanziale della vita, risarcibile. Muta il giudizio amministrativo, da mero giudizio sull’atto amministrativo di carattere caducatorio, (annullamento) ,del provvedimento illegittimo a giudizio sul rapporto amministrativo. Il Giudice amministrativo ora può incidere sul rapporto e ove vi siano poteri vincolati della Pubblica Amministrazione, in ordine ad interessi pretensivi, ( istanza di permesso edilizio, istanza di condono, richiesta di autorizzazione etc. ) può giudicare sulla fondatezza della pretesa sostanziale del bene della vita da tutelare, assicurando le stesse tutele anche atipiche che sono assicurate dal giudice civile. La ratio della creazione giurisprudenziale di diritti indegradabili era quella di riuscire ad assicurare una tutela effettiva ai diritti inviolabili , diritti che il giudice amministrativo, all’epoca, non riusciva a garantire . Crollata questa preclusione, è venuta meno anche la categoria dei diritti inviolabili inaffievolibili. Ora ove c’è potere esiste, sempre, la giurisdizione del giudice amministrativo. ( Cass. 204/2004 e Cass 191/2006), che giudicherà od in sede di legittimità od in sede di giurisdizione esclusiva, ove vi è commistione tra interesse legittimo e diritto soggettivo, con gli stessi strumenti di tutela del giudice civile.

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Consulente Legale partner accreditato al Centro Diritto Bancario esperto in Diritto Tributario e Amministrativo Avvocato Cassazionista, esperto in materia Amministrativa, Tributaria e nelle procedure di composizione della crisi per Sovraindebitamento , disciplinate dalla Legge n. 3 del 2012. Svolge l’attività di Avvocato dal 2004. Prima di intraprendere la professione di Avvocato , ha svolto servizio nella Guardia di Finanza per oltre un ventennio, occupandosi nel corso della sua attività di accertamenti tributari e penali-tributari.