COME RISOLVERE L’ECCESSO DEL DEBITO DELL’IMPRENDITORE “SOTTO SOGLIA”?

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L’impresa “sotto soglia” o cosiddetta “minore”, è definita, dall’articolo 2, comma 1, lettera d) del CODICE
DELLA CRISI D’IMPRESA E DELL’INSOLVENZA come “l’impresa che presenta congiuntamente i seguenti
requisiti:

1) un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro trecentomila nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di apertura della liquidazione giudiziale o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore;
2) ricavi, in qualunque modo essi risultino, per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di apertura della liquidazione giudiziale o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore;
3) un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro cinquecentomila; i predetti valori possono essere aggiornati ogni tre anni con decreto del Ministro della giustizia adottato a norma dell’articolo 348.

Tale tipologia di imprenditore, sia esso commerciale e/o agricolo, che si trova in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile:
– la crisi ( ossia: lo stato del debitore che rende probabile l’insolvenza e che si manifesta con l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi);
– o l’insolvenza (intesa come: lo stato del debitore che si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni);

– oppure si trova in stato di sovraindebitamento ( inteso come: lo stato di crisi o di insolvenza del consumatore, del professionista, dell’imprenditore minore, dell’imprenditore agricolo, delle start-up innovative di cui al decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, e di ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale ovvero a liquidazione coatta amministrativa o ad altre procedure liquidatorie previste dal codice civile o da leggi speciali per il caso di crisi o insolvenza);

potrà valutare diverse ipotesi di salvataggio che potranno portare, in situazione di continuità, se vi sono i requisiti e i presupposti, al risanamento dell’azienda stessa, con sistemazione delle posizioni debitorie.

Quali sono i percorsi probabili di salvezza dell’impresa “minore” a fronte di un eccesso del debito?

La composizione negoziata e “le vie di uscita dal debito” che si possono intraprendere Tra gli strumenti previsti dal C.C.I.I., risulta interessante considerare quanto stabilito dall’articolo 25-quater , secondo cui l’imprenditore commerciale e agricolo, che presenta congiuntamente i requisiti di non fallibilità, ossia è “sotto soglia” e che si trova in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza, può chiedere la nomina dell’esperto indipendente quando risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa.
In tal caso dovrà essere presentata un’istanza al segretario generale della camera di commercio nel cui ambito territoriale si trova la sede legale dell’impresa unitamente ai documenti di cui all’articolo 17, comma 3, lettere a), c), d), e), f), g) e h), e nelle forme previste dall’articolo 17, comma 1.

L’imprenditore, al momento della presentazione dell’istanza, inserisce nella piattaforma telematica:
a) i bilanci degli ultimi tre esercizi, se non già depositati presso l’ufficio del registro delle imprese, oppure, per gli imprenditori che non sono tenuti al deposito dei bilanci, le dichiarazioni dei redditi e dell’IVA degli ultimi tre periodi di imposta, nonché una situazione patrimoniale e finanziaria aggiornata a non oltre sessanta giorni prima della presentazione dell’istanza;
b) un progetto di piano di risanamento redatto secondo le indicazioni della lista di controllo di cui all’articolo 13, comma 2, e una relazione chiara e sintetica sull’attività in concreto esercitata recante un piano finanziario per i successivi sei mesi e le iniziative che intende adottare;
c) l’elenco dei creditori, con l’indicazione dei rispettivi crediti scaduti e a scadere e dell’esistenza di diritti reali e personali di garanzia;
d) una dichiarazione resa ai sensi dell’articolo 46 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000 sulla pendenza, nei suoi confronti, di ricorsi per l’apertura della liquidazione giudiziale o per l’accertamento dello stato di insolvenza e una dichiarazione con la quale attesta di non avere depositato ricorsi ai sensi dell’articolo 40, anche nelle ipotesi di cui agli articoli 44, comma 1, lettera a), e 54, comma 3;
e) il certificato unico dei debiti tributari di cui all’articolo 364, comma 1;
f) la situazione debitoria complessiva richiesta all’Agenzia delle entrate-Riscossione;
g) il certificato dei debiti contributivi e per premi assicurativi di cui all’articolo 363, comma 1;
h) un estratto delle informazioni presenti nella Centrale dei rischi gestita dalla Banca d’Italia non anteriore di tre mesi rispetto alla presentazione dell’istanza.

La dichiarazione di cui all’articolo 17, comma 3, lettera d), riguarda la pendenza di una procedura di liquidazione controllata e contiene l’attestazione di non avere depositato ricorso ai sensi dell’articolo 74 e, per le imprese agricole, anche ai sensi dell’articolo 57. La nomina dell’esperto avviene ad opera del segretario generale al quale è presentata l’istanza.

L’esperto avvierà le trattative con i creditori e le parti interessate. Se all’esito delle trattative è individuata una soluzione idonea al superamento della situazione di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza le parti possono, alternativamente:
a) concludere un contratto privo di effetti nei confronti dei terzi e idoneo ad assicurare la continuità aziendale;
b) concludere un accordo avente il contenuto dell’articolo 62 ( ossia la convenzione di moratoria diretta a disciplinare in via provvisoria gli effetti della crisi e avente ad oggetto la dilazione delle scadenze dei crediti, la rinuncia agli atti o la sospensione delle azioni esecutive e conservative e ogni altra misura che non comporti rinuncia al credito, in deroga agli articoli 1372 e 1411 del codice civile, è efficace anche nei confronti dei creditori non aderenti che appartengano alla medesima categoria);
c) concludere un accordo sottoscritto dall’imprenditore, dai creditori e dall’esperto, idoneo a produrre gli effetti di cui all’articolo 25-bis, comma 5. Con la sottoscrizione dell’accordo l’esperto dà atto che il piano
di risanamento appare coerente con la regolazione della crisi o dell’insolvenza.

Se all’esito delle trattative non è possibile raggiungere l’accordo, l’imprenditore può:
a) proporre la domanda di concordato minore di cui all’articolo 74;
b) chiedere la liquidazione controllata dei beni ai sensi dell’articolo 268;
c) proporre la domanda di concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio di cui all’articolo 25-sexies;
d) per la sola impresa agricola, domandare l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi degli articoli 57, 60 e 61.

Si applicano, per quanto non specificamente previsto dalle disposizioni del presente articolo, gli articoli 12, 13, commi 1,2, 3, e 4, 5 e 9, 14, 15, 16, 17, commi 1, 2, 4, 5, 6, 7, 8, 9 e 10, 18, 19, 20, 21, 22, 24, commi 3 e 4, 25, 25-bis, 25-ter, 25-quinquies, 25-sexies, 25-septies e 25-octies, in quanto compatibili.

Gli atti autorizzati dal tribunale ai sensi dell’articolo 22 conservano i propri effetti se successivamente intervengono un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato, un concordato minore omologato, l’apertura della liquidazione controllata o il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio di cui all’articolo 25-sexies omologato.

Il compenso dell’esperto è liquidato, ai sensi dell’articolo 25-ter, dal responsabile dell’organismo di composizione della crisi o dal segretario generale della camera di commercio che lo ha nominato.

Il concordato minore (da artt. 79 a 88)

Il Concordato minore, è di certo un percorso di esdebitazione consigliabile all’impresa sotto soglia in stato di sovraindebitamento. Oggi, tale procedura, sostituisce l’accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento disciplinato dagli artt. 10 a 12 L. 3/12.

Il Codice della Crisi prevede che i debitori di cui all’art. 2, c. 1, lett. c), ossia il professionista, l’imprenditore minore, l’imprenditore agricolo, le start-up innovative di cui al D.L. 179/2012, convertito dalla L. 221/2012, e ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale o a liquidazione coatta amministrativa o ad altre procedure liquidatorie previste dal Codice Civile o da leggi speciali per il caso di crisi o insolvenza, in stato di sovraindebitamento, escluso il consumatore, possono formulare ai creditori una proposta di concordato minore, quando consente di proseguire l’attività imprenditoriale o professionale.

Fuori da tali casi, il concordato minore può essere proposto esclusivamente quando è previsto l’apporto di risorse esterne che aumentino in misura apprezzabile la soddisfazione dei creditori.
Tra le condizioni di ammissibilità al c.m. ritroviamo:
– assenza dei requisiti dimensionali che ne consentono il fallimento;
– assenza di precedente esdebitazione nei cinque anni antecedenti la domanda ovvero per altre due volte;
– assenza di atti diretti a frodare le ragioni dei creditori.
La proposta di concordato minore ha contenuto libero, indica in modo specifico tempi e modalità per superare la crisi da sovraindebitamento e può prevedere il soddisfacimento anche parziale dei crediti attraverso qualsiasi forma, nonché l’eventuale suddivisione dei creditori in classi.
Il c.m. può avere contenuto e forma “in continuità”, garantendo la prosecuzione dell’attività imprenditoriale o professionale, oppure può essere di tipo “liquidatorio”, ossia garantendo un apporto di risorse esterne che aumentino in misura apprezzabile la soddisfazione dei creditori.
Fondamentale, tra i requisiti di ammissibilità, è la completezza del corredo documentale da allegare alla domanda, che necessariamente deve comprendere:

  • Il piano con i bilanci, le scritture contabili e fiscali obbligatorie, le dichiarazioni dei redditi, le dichiarazioni IRAP e le dichiarazioni annuali IVA concernenti i tre anni anteriori o gli ultimi esercizi precedenti, se l’attività ha avuto minor durata;
  • una relazione aggiornata sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria;
  • l’elenco di tutti i creditori, con le rispettive cause di prelazione e l’indicazione delle somme dovute, nonché l’indicazione del domicilio digitale;
  • gli atti di straordinaria amministrazione compiuti negli ultimi 5 anni;
  • la documentazione relativa a stipendi, pensioni, salari e altre entrare proprie e della famiglia, con l’indicazione di quanto occorra al mantenimento della stessa.

Nel progetto sarà possibile prevedere che i crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca potranno essere soddisfatti in termini non integrale purché ne sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile sul ricavato in caso di liquidazione. Quando è prevista la continuazione dell’attività aziendale, è possibile prevedere il rimborso, alla scadenza convenuta, delle rate a scadere del contratto di mutuo con garanzia reale gravante su beni strumentali all’esercizio dell’impresa se il debitore, alla data della presentazione della domanda di concordato, ha adempiuto le proprie obbligazioni o se il giudice lo autorizza al pagamento del debito per capitale ed interessi scaduto a tale data. L’OCC attesta anche che il credito garantito potrebbe essere soddisfatto integralmente con il ricavato della liquidazione del bene effettuata a valore di mercato e che il rimborso delle rate a scadere non lede i diritti degli altri creditori.
Importante novità rispetto alla precedente Legge 3/12 è nel nuovo codice è stata eliminata la previsione della moratoria sino ad un anno entro cui i creditori privilegiati dovevano essere pagati secondo quanto previsto dall’art 8 comma 4 L.3/12. Il giudice, se la domanda è ammissibile, dichiara aperta la procedura con decreto e dispone la comunicazione, a cura dell’OCC, a tutti i creditori della proposta e del decreto. Con tale decreto, il giudice:
a) dispone la pubblicazione mediante inserimento in apposita area del sito web del tribunale o del Ministero della Giustizia e nel Registro delle Imprese se il debitore svolge attività d’impresa;
b) ordina, ove il piano preveda la cessione o l’affidamento a terzi di beni immobili o beni mobili registrati, la trascrizione del decreto presso gli uffici competenti;
c) assegna ai creditori un termine non superiore a 30 giorni entro il quale devono fare pervenire all’OCC, a mezzo PEC, la dichiarazione di adesione o di mancata adesione alla proposta di concordato e le eventuali contestazioni;
d) su istanza del debitore, dispone che, sino al momento in cui il provvedimento di omologazione diventa definitivo, non possono, sotto pena di nullità, essere iniziate o proseguite azioni esecutive individuali, né disposti sequestri conservativi, né acquistati diritti di prelazione sul patrimonio del debitore da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore.
Gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione compiuti senza l’autorizzazione del giudice sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori al momento in cui è stata eseguita la pubblicità del decreto. Con il predetto decreto, il giudice, su istanza del debitore, può disporre la sospensione dei procedimenti di esecuzione forzata che potrebbero pregiudicare la fattibilità del piano. Quindi non in automatico ma su istanza del debitore, il giudice può disporre il divieto di azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del consumatore nonchè le altre misure idonee a conservare l’integrità del patrimonio fino alla conclusione del procedimento, compreso il divieto di compiere atti di straordinaria amministrazione se non
preventivamente autorizzati.
Le misure protettive sono revocabili su istanza dei creditori, o anche d’ufficio, in caso di atti in frode. Il giudice, salvo che l’istanza di revoca non sia palesemente inammissibile o manifestamente infondata, sente le parti, anche mediante scambio di memorie scritte e provvede con decreto. Entro i dieci giorni successivi alla scadenza del termine di cui al comma 3, l’OCC, sentito il debitore, riferisce al giudice e propone le modifiche al piano che ritiene necessarie.
Il concordato minore è approvato dai creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al voto; quelli muniti di privilegio, pegno o ipoteca, dei quali la proposta prevede l’integrale pagamento, non sono computati ai fini del raggiungimento della maggioranza e non hanno diritto di esprimersi sulla proposta, salvo che non rinuncino in tutto o in parte al diritto di prelazione. In mancanza di comunicazione all’OCC nel termine assegnato, si intende che i creditori abbiano prestato consenso alla proposta nei termini in cui è stata loro trasmessa.
Infine, particolarmente rilevante è l’assunto secondo cui il concordato minore della società produce i suoi effetti anche per i soci illimitatamente responsabili, ma non pregiudica i diritti dei creditori nei confronti dei coobbligati, fideiussori del debitore e obbligati in via di regresso, salvo che sia diversamente previsto.
In caso di omologazione del concordato, questa verrà dichiarata – con la nuova disciplina entrata in vigore dal 15.7.22 – con sentenza (non più con decreto) con la quale il giudice dichiarerà altresì chiusa la procedura.
Il giudice omologherà il concordato sulla base delle seguenti verifiche:

  • ammissibilità giuridica;
  • fattibilità del piano;
  • il raggiungimento delle maggioranze e in mancanza di contestazioni.
    In caso di contestazione di uno dei creditori sulla convenienza del progetto, l’omologa potrà intervenire
    ugualmente nell’ipotesi in cui il credito sarà comunque soddisfatto dall’esecuzione del piano in misura
    non inferiore all’alternativa liquidatoria;
    Va detto che inoltre il giudice omologherà il concordato anche in caso di diniego dell’adesione
    dall’amministrazione finanziaria o degli enti di previdenza o assistenza obbligatorie quando l’adesione è
    determinante ai fini del raggiungimento della maggioranza se la proposta di soddisfacimento degli stessi
    è conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria (c.d. Cram down).
    Sono poi sanzionati i creditori che hanno concesso finanza senza considerare il merito creditizio del
    debitore ai quali la legge ora (art. 80 co. 4), a questi è infatti inibita la possibilità di sollevare opposizione
    all’omologa per ragioni di convenienza (cfr art. 12 co.3ter L. 3/12).
    In caso di rigetto alla richiesta di omologa, il giudice provvederà con decreto motivato reclamabile,
    dichiarando inefficaci le misure protettive accordate e, su istanza del debitore, dichiara aperta la
    procedura di liquidazione controllata.
    In caso di frode, l’istanza di accesso alla procedura di liquidazione controllata può essere proposta anche
    da un creditore o dal P.M.
    In merito l’esecuzione del piano omologato, questa fase è assegnata direttamente al debitore sotto la
    vigilanza dell’OCC che risolve le eventuali difficoltà e, se necessario, le sottopone al giudice e collabora
    con il debitore alle eventuali vendite da effettuarsi tramite procedure competitive.
    L’OCC relaziona al giudice ogni 6 mesi sullo stato dell’esecuzione e, al termine, con una relazione finale;
    se il piano è stato integralmente e correttamente eseguito, il giudice procede alla liquidazione del
    compenso tenuto conto della sua diligenza e di quanto eventualmente convenuto con il debitore; se, al
    contrario, il piano non è stato integralmente e correttamente eseguito, il giudice indica gli atti necessari
    ed un termine per il loro compimento che, se non osservato, comporta la revoca dell’omologazione.

La liquidazione controllata dei beni ai sensi dell’articolo 268

Nel caso in cui l’imprenditore/ debitore è in stato di insolvenza e non può proprorre un concordato minore o altri accordi con i creditori, potrà proporre un domanda di liquidazione controllata. Attenzione questa domanda può essere presentata anche da un creditore anche in pendenza di procedure esecutive individuali. Tuttavia non si fa luogo all’apertura della liquidazione controllata, su richiesta del creditore, se l’ammontare dei debiti scaduti e non pagati risultanti dagli atti dell’istruttoria è inferiore ad € 50.000,00. Tale importo è periodicamente aggiornato con le modalità di cui all’art. 2 comma 1 lettera c)”.

Per cui a partire dal 15.7.22, in presenza di posizioni debitorie, il creditore ha la possibilità di presentare un ricorso affinché venga aperta la liquidazione controllata in capo al proprio debitore ed è quest’ultimo che deve provvedere a difendersi in sede istruttoria. Quando la domanda è proposta da un creditore nei confronti di un debitore persona fisica non si fa luogo all’apertura della liquidazione controllata se l’OCC, su richiesta del debitore, attesta che non è possibile acquisire attivo da distribuire ai creditori neppure mediante l’esercizio di azioni giudiziarie. Per cui le condizioni perché il Tribunale disponga l’apertura della liquidazione controllata sono:
– l’effettivo stato di insolvenza in capo al debitore;
– un attivo da liquidare;
– un ammontare complessivo di debiti scaduti superiore ad € 50.000,00 (quindi il creditore potrebbe anche avere un credito inferiore a tale soglia ma verrà compiuta una completa analisi della situazione debitoria, anche di natura erariale).

“Con il D.L. 83 si modifica l’articolo 268 del CCI, che disciplina la liquidazione controllata delle imprese minori, con una disposizione di semplificazione e coordinamento che elimina l’iniziativa, originariamente riconosciuta al pubblico ministero per le impese di piccole dimensioni e che innalza a cinquantamila la soglia debitoria oltre la quale la liquidazione controllata può essere aperta.
Altra novità riguarda l’ ”Esdebitazione” che ora interviene comunque entro tre anni ed anche se la procedura non è chiusa. L’art. 278 CCI, disciplina l’istituto della esdebitazione nell’ambito della liquidazione sia giudiziale che controllata: “L’esdebitazione consiste nella liberazione dai debiti e comporta la inesigibilità dal debitore dei crediti rimasti insoddisfatti nell’ambito di una procedura di liquidazione giudiziale o di liquidazione controllata. Con l’esdebitazione vengono meno le cause di ineleggibilità e di decadenza collegate all’apertura della liquidazione giudiziale.” L’esdebitazione della società ha efficacia anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili. Tuttavia l’esdebitazione non coinvolge i garanti, i fidejussori e gli obbligati in via di regresso, che restano tenuti al pagamento, da cui viene liberato solo il debitore principale.
Quindi mentre nella liquidazione del patrimonio ( ante 15.7.2022), l’esdebitazione non è effetto automatico dell’accesso alla procedura, ma un effetto eventuale e successivo, svincolato da una prestazione destinata ai creditori, subordinato ad una domanda dell’interessato e connesso ad una specifica pronuncia giudiziale. Difatti, in caso di liquidazione del patrimonio l’art. 14-tercedies l. n. 3/2012 disciplina espressamente il (sub)procedimento ed il provvedimento finalizzati alla pronuncia del beneficio, che quindi è condizionato alla verifica di presupposti ulteriori rispetto al vaglio condotto in
sede di apertura della procedura medesima.
Invece le cose cambiano nel nuovo CCI, che con riferimento alla liquidazione del patrimonio, che prenderà il nome di liquidazione controllata, l’art. 282 CCI ha introdotto importanti novità, stabilendo che il beneficio vada sì dichiarato con decreto del tribunale, ma operi di diritto o con la chiusura della procedura ovvero decorsi tre anni dalla sua apertura: quindi anche quando la liquidazione non sia ancora terminata.
Sembra, a chi scrive, una contraddizione, l’affermazione che l’esdebitazione, a seguito della liquidazione controllata, opera di diritto ma poi è necessario un provvedimento dichiarativo del tribunale, che, se concerne un imprenditore, va iscritto al registro delle imprese a fini di pubblicità. Il provvedimento potrà poi essere reclamato dal pubblico ministero e dai creditori. Osta al beneficio la commissione di fatti costituenti reato come individuati nell’articolo 280, comma 1, lettera a), nonché la sussistenza della condizione di cui all’articolo 69, comma 1, se si tratta di consumatore (il consumatore non può accedere alla procedura disciplinata in questa sezione se è già stato esdebitato nei cinque anni precedenti la domanda o ha già beneficiato dell’esdebitazione per due volte, ovvero ha determinato la situazione di sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode. Il creditore che ha colpevolmente determinato la situazione di indebitamento o il suo aggravamento o che ha violato i principi di cui all’articolo 124-bis del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385)” ( Cit. da istant book ItaliaOggi 2022).

Concordato semplificato (Articolo 25-sexies)

Quando la composizione negoziata non raggiunge il risultato di comporre accordi e l’esperto nella relazione finale dichiara che le trattative si sono svolte secondo correttezza e buona fede, che non hanno avuto esito positivo e che le soluzioni individuate ai sensi dell’articolo 23, commi 1 e 2, lettera b) non sono praticabili, l’imprenditore può presentare, nei sessanta giorni successivi alla comunicazione di cui all’articolo 17, comma 8, una proposta di concordato per cessione dei beni unitamente al piano di liquidazione e ai documenti indicati nell’articolo 39. La proposta può prevedere la suddivisione dei creditori in classi.

E’ requisito fondamentale il fatto che si giunge al concordato semplificato:

  • solo per esclusiva iniziativa del debitore;
  • solo come sbocco della composizione negoziata;
  • solo quando le trattative non abbiano portato ad altre soluzioni;
  • soltanto se l’imprenditore che ha seguito il percorso della composizione negoziata ha avviato le trattative concrete con prospettive di risanamento e che, all’esito delle stesse, non sia stata individuata una soluzione idonea al superamento della situazione di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendevano probabile la crisi o l’insolvenza.

Il concordato semplificato può assumere soltanto la veste del concordato liquidatorio. L’imprenditore chiede l’omologazione del concordato con ricorso presentato al tribunale del luogo in cui l’impresa ha il proprio centro degli interessi principali. Il ricorso è comunicato al pubblico ministero e pubblicato, a cura del cancelliere, nel registro delle imprese entro il giorno successivo alla data del deposito in cancelleria. Dalla data della pubblicazione del ricorso si producono gli effetti di cui agli articoli 6, 46, 94 e 96. Il tribunale, valutata la ritualità della proposta, acquisiti la relazione finale di cui al comma 1 e il parere dell’esperto con specifico riferimento ai presumibili risultati della liquidazione e alle garanzie offerte, nomina un ausiliario ai sensi dell’articolo 68 del codice di procedura civile, assegnando allo stesso un termine per il deposito del parere di cui al comma 4. L’ausiliario fa pervenire l’accettazione dell’incarico entro tre giorni dalla comunicazione. Con il medesimo decreto il tribunale ordina che la proposta, unitamente al parere dell’ausiliario e alla relazione finale e al parere dell’esperto, sia comunicata a cura del debitore ai creditori risultanti dall’elenco depositato ai sensi dell’articolo 39, comma 1, ove possibile a mezzo posta elettronica certificata o, in mancanza, a mezzo di raccomandata
con avviso di ricevimento, specificando dove possono essere reperiti i dati per la sua valutazione e fissa
l’udienza per l’omologazione. Tra la scadenza del termine concesso all’ausiliario ai sensi del comma 3 e
l’udienza di omologazione devono decorrere non meno di quarantacinque giorni. I creditori e qualsiasi
interessato possono proporre opposizione all’omologazione costituendosi nel termine perentorio di dieci
giorni prima dell’udienza fissata. Il tribunale, assunti i mezzi istruttori richiesti dalle parti o disposti d’ufficio, omologa il concordato quando, verificata la regolarità del contraddittorio e del procedimento, nonché il rispetto dell’ordine delle cause di prelazione e la fattibilità del piano di liquidazione, rileva che la proposta non arreca pregiudizio ai creditori rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale e comunque assicura un’utilità a ciascun creditore. Il tribunale provvede con decreto motivato, immediatamente esecutivo. Il decreto, pubblicato a norma dell’articolo 45 è comunicato dalla cancelleria alle parti che, nei successivi trenta giorni, possono proporre reclamo alla corte di appello ai sensi dell’articolo 247. Contro il decreto della corte d’appello può essere proposto ricorso per cassazione entro trenta giorni dalla comunicazione.

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Consulente Legale partner accreditato al Centro Diritto Bancario esperto in Diritto Bancario e Finanziario, Diritto Fallimentare e Diritto Tributario. Avvocato Patrocinante in Cassazione, laurea in Giurisprudenza con il voto di 110 e Lode presso l’Università Federico II di Napoli, ha conseguito diversi Master universitari e corsi di alta formazione nelle materie del: Diritto Bancario e finanziario, Diritto Fallimentare, Diritto Tibutario nonché Composizione della crisi d’Impresa e Insolvenza, L.231/01 Privacy, Diritto di Famiglia e Tutele consumeristiche. L’avvocato è cultore della materia di Diritto Fallimentare presso l’Università di Ferrara, docente e formatore presso gli ordini professionale di avvocati e commercialisti, docente e formatore presso AUGE, Università degli Studi Giuridici Europei, docente e formatore per corsi di alta formazione per il Gruppo Maggioli Editore, docente e formatore presso Università “La Parthenope” per il Master ” Legal Manager e Advisor”, docente e formatore del Corso di Alta Formazione sulla FINANZA ETICA presso Dipartimento Economia Management Istituzioni presso Università Federico II di Napoli. Componente della Commissione Regionale della CCIAA di Napoli per la nomina di Esperto Indipendente per la composizione negoziata della crisi d’Impresa e dell’insolvenza, Gestore-OCC per la crisi di sovraindebitamento e Curatore -Liquidatore e Amministratore Giudiziario. Pubblicazioni: scrive per le riviste scientifiche come DE Jure, Diritto Societario, Diritto Fallimentare, Diritto Bancario, Ipsoa, Giuffre’, e Maggioli. Ha pubblicato diversi lavori editoriali nella materia del diritto bancario, procedure da sovraindebitamento, crisi d’impresa e insolvenza, privacy-gdpr. L’avvocato unitamente al suo team, è specializzata nella materia della composizione e risoluzione del debito, nell’assistenza e consulenza preventiva per la determinazione degli adeguati assetti, nella composizione negoziata, crisi da sovraindebitamento e crisi d’impresa, segregazione del patrimonio, tutela del fideiussore per liberazione dal debito e tutela del consumatore.