CENTRALE RISCHI: QUANDO LA SEGNALAZIONE E’ LEGITTIMA?

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Non perché si ha un piccolo sconfinamento dal conto o si ritarda di qualche giorno il pagamento della rata del mutuo si può essere segnalati alla Centrale Rischi Interbancaria, il database gestito dalla Banca d’Italia che contiene i nomi dei cosiddetti “cattivi pagatori”.

A spiegare quando la segnalazione alla Centrale Rischi è legittima è stata più volte la Corte di Cassazione.

La segnalazione alla Centrale dei Rischi può scattare solo in caso di un inadempimento del cliente che faccia presumere che questi non sia più in grado di pagare alle condizioni concordate.

Non deve quindi essere una situazione di totale insolvenza ma non può neanche trattarsi di un semplice ritardo o di una difficoltà finanziaria (ossia un mancato coordinamento tra uscite ed entrate).

Presupposto della segnalazione del debitore alla Centrale Rischi non è il semplice ritardo nel pagamento del debito o il volontario inadempimento, c’è bisogno di qualcosa in più, rappresentato da una situazione patrimoniale caratterizzata da grave e non transitoria difficoltà economica.

La segnalazione alla Centrale Rischi della Banca d’Italia è subordinata alla sussistenza della condizione dell’insolvenza, che va intesa come incapacità di far fronte regolarmente alle proprie obbligazioni con il proprio patrimonio, o anche situazioni equiparabili. Di conseguenza, il semplice inadempimento del debito verso la banca, eventualmente anche accompagnato da un esplicito rifiuto di pagare, non comporta la qualificazione della posizione del credito come in sofferenza, con conseguente illegittimità della segnalazione.

Come chiarito dalla Corte di Cassazione , ai fini della segnalazione a sofferenza, la Banca d’Italia, sulla base delle direttive del Cicr, richiede che sussista lo stato di «insolvenza». Questo si concretizza in una valutazione negativa della situazione patrimoniale, apprezzabile come deficitaria, oppure come di grave difficoltà economica, senza, quindi, alcun riferimento al concetto di incapienza o irrecuperabilità.

È del tutto evidente, allora, che nella valutazione da compiersi circa l’esistenza di una sofferenza, ai fini della verifica della legittimità della segnalazione presso la Centrale rischi, entri sicuramente in gioco la consistenza patrimoniale del debitore. E ciò ben si comprende: il dato di un’ipotetica alterazione del patrimonio può infatti concorrere a determinare l’insorgenza di quella situazione di grave difficoltà economica in cui la stessa sofferenza consiste.

Il volontario inadempimento del debitore non implica automaticamente l’iscrizione alla Centrale Rischi. Tale segnalazione non può dipendere dall’avere sollevato, il cliente in buona fede, eccezioni di nullità del contratto [2]. Difatti, per stabilire se una banca abbia correttamente o meno segnalato alla Centrale dei Rischi l’inadempimento di una obbligazione del cliente, non è sufficiente valutare ex post se, all’esito del giudizio tra banca e cliente, le eccezioni da questi frapposte all’adempimento dei propri obblighi si siano rivelate infondate; è necessario invece stabilire se, al momento in cui il cliente ha rifiutato l’adempimento delle proprie obbligazioni, i motivi del rifiuto apparissero oggettivamente non infondati, e prospettati in buona fede. L’onere della relativa prova grava su chi domanda il risarcimento del danno da illegittima segnalazione alla Centrale dei Rischi.

Pertanto, al debitore moroso non basta invocare, anche pretestuosamente, la nullità del contratto o l’usurarietà del tasso soglia, per pretendere di essere risarcito in caso di segnalazione da parte della banca alla Centrale dei Rischi.

Se, da un lato, la malafede del debitore non può costituire uno schermo contro le conseguenze dell’inadempimento, dall’altro lato, è pur sempre necessario che il giudice chiamato a valutare la legittimità d’una segnalazione alla Centrale dei Rischi non si limiti a prendere atto che il debito oggetto della segnalazione era effettivamente dovuto, ma stabilisca dal punto di vista oggettivo, se le ragioni addotte dal debitore a fondamento del rifiuto di pagamento fossero sorrette almeno da un fumus di fondatezza e dal punto di vista soggettivo, se il debitore potesse ritenersi in buona fede nel momento in cui quelle ragioni ha accampato.

La segnalazione di insoluti o sofferenze, da parte delle banche alla Centrale dei Rischi gestita dalla Banca d’Italia è oggi disciplinata (in via principale):

  • dagli artt. 53, comma 1, lettera (b), 67, comma 1, lettera (b) e 108 TUB i quali hanno attribuito alla Banca il potere di emanare, su conforme deliberazione del CICR, disposizioni di carattere generale nei confronti delle banche e degli intermediari finanziari, aventi a oggetto “il contenimento del rischio nelle sue diverse configurazioni”;
  • dalla Delibera del Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio del 29 marzo 1994, con la quale è stato affidato alla Banca d’Italia il servizio di centralizzazione dei rischi creditizi, con il potere di determinare le modalità con cui gli enti erogatori di credito debbono comunicare periodicamente l’esposizione nei confronti dei propri affidati;
  • dal Decreto del ministro dell’Economia e delle Finanze, nella veste di Presidente del CICR, delll’11 luglio 2012, n. 663, il quale ha ribadito la delega alla Banca d’Italia a disciplinare con proprio regolamento il funzionamento della Centrale Rischi;
  • dalle Istruzioni e Circolari emanate dalla Banca d’Italia; in particolare, dalle Istruzioni per gli intermediari creditizi di cui alla Circolare della Banca d’Italia 11 febbraio 1991 n. 139, più volte modificata, da ultimo con il 19° Aggiornamento, in vigore dal 1° marzo 2020.
Stabilire se la banca abbia agito correttamente o meno, nel segnalare il nominativo del debitore alla Centrale dei rischi, è giudizio che non può fondarsi soltanto sull’accertata infondatezza delle eccezioni sollevate dal debitore, ma deve estendersi a valutare la meritevolezza delle ragioni invocate dal debitore a fondamento del rifiuto di adempiere, e la diligenza impiegata dalla banca nel valutarle.

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